Tuesday, September 21, 2010

Umanita` e Cultura in Amerigo Iannacone


Usciti gli atti del convegno “Umanità e Cultura in Amerigo Iannacone”

È appena uscita la pubblicazione “Umanità e Cultura in Amerigo Iannacone – Testimonianze per trent’anni di attività letteraria” (Ed. Eva, Venafro 2010, pp. 80, € 10,00), che raccoglie gli atti del convengo tenuto a Venafro il 22 maggio 2010. Vi sono raccolte le relazioni di Carmine Brancaccio, Aldo Cervo, Ida Di Ianni, Rita Iulianis, Giuseppe Napolitano e Gerardo Vacana, oltre a una testimonianza di Carmen Proca e il testo dell’intervento dello stesso Iannacone.

Riportiamo, qui di seguito, la nota introduttiva di Giuseppe Napolitano.

Alla boa dei sessanta

Allora uno chiama gli amici, per sentirsi meno triste, per avere parole di conforto alle quali aggrapparsi e sulle quali spingersi oltre la boa… Si fa cosí, gareggiando nella grande gara a tappe che è la vita, rilanciandosi ad ogni traguardo volante, ad ogni ripartenza di tappa in tappa, girando intorno alle boe che segnano i passaggi obbligati… e il traguardo (quello finale, quello vero) è ancora lontano – è l’unico traguardo che non ci si augura di raggiungere, non tanto presto, almeno! –: ci saranno altre boe da superare, e l’incoraggiamento di chi ci vuole bene è la forza che ci vuole.

Ma un convegno sulla produzione letteraria di trent’anni non è soltanto (lo è, ma non soltanto) un lasciapassare per il dopo che incalza, è anche il momento (necessario, di tanto in tanto) in cui ci si guarda indietro – perché non puoi andare avanti se non impari a conservare e rispettare il passato. Allora uno chiama gli amici e si fa dire a che punto è. Non che non si possa e non si sappia farlo da solo (quante volte ci si fissa nello specchio! si scopre il capello bianco, la ruga, si parla all’ombra che ci parla)… ma è importante che ci siano confronti, dai quali trarre spinte a nuove riflessioni, indicazioni per le nuove tappe sulla via di quel traguardo lontano… E gli amici, che sono tali se dicono la verità, aiutano a mettere ordine in quel che si fa.

Amerigo Iannacone, chi lo conosce lo sa, chi legge nelle varie forme in cui scrive quello che scrive e va pubblicando da tre decenni lo sa, è uno che i conti col tempo che passa li ha fatti spesso e non se ne è mai spaventato. È uno di quegli scrittori che sanno bene (e vogliono far capire che sanno) quanto sia facile e insieme difficile vivere e descrivere la vita. Se la vita – per un poeta – è la tensione a una vita ideale da mettere su carta affinché altri possano viverne, la poesia per Amerigo Iannacone è tale se nasce dalla vita e della vita si nutre e parla, e si fa riga di carne che la carta incide…

Gli amici sanno bene di cosa l’amico abbia bisogno, ma non è detto che poi davvero riescano a darglielo, sempre, come egli desidera. In questo caso, in questo convegno di testimonianze sulla produzione letteraria trentennale di Amerigo Iannacone, i sei amici chiamati a raccolta a Venafro in prossimità del sessantesimo compleanno dello scrittore, hanno saputo dare spessore critico ai loro interventi, evitando amicali compiacimenti e connivenze. Anche nel taglio a volte colloquiale – forse inevitabile, data la particolare atmosfera dell’occasione – è comunque possibile cogliere l’impegno a dare una chiave di lettura non provvisoria del tema trattato.

La pubblicazione di questi interventi vuole testimoniare l’importanza intrinseca dell’evento, la necessità del provvisorio ma qualificato redde rationem. Alla boa dei sessanta, dunque (e con trent’anni di attività nel vasto campo della letteratura, come autore multiforme e come critico, giornalista, editore), Amerigo Iannacone può ritenersi e dirsi soddisfatto: ha tanti amici pronti ad aiutarlo con i loro consigli, a battersi per lui, a sostenere le sue ragioni poiché sono le loro, sono quelle di tutti coloro che credono nei valori alti del messaggio letterario, e per quei valori credono che si debba lottare, per tessere insieme una rete di altri rapporti e costruire con la forza della parola una diga contro il dilagare del banale quotidiano.

Giuseppe Napolitano

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