Un noce fa primavera è la sesta raccolta di poesie di
Paola Mara De Maestri, poetessa valtellinese. Raccoglie insieme 39 poesie
divise in cinque sezioni - Le stagioni del cuore, Paesaggi, Ritratti, Ricordi
ed Emozione - in un libro di una settantina di pagine. Dando una prima occhiata
ai titoli di queste cinque sezioni ho subito capito quello che De Maestri fa lungo
questo suo percorso: parte dal suo legame stretto con la natura, in particolare
la montagna (parola che ricorre 8 volte); passa al suo amore per il viaggiare e
vivere spazi diversi; segue l’idea delle poesie come fotoricordo di quelle
persone che ama e che hanno lasciato un segno; nella quarta sezione c’è ancora
la memoria (ricorre 5 volte), uno spazio dentro il quale il passato è ancora
vivo, dove vive la non-indifferenza e
regge forte il ponte tra passato e presente; nella parte finale si vede la
poetessa come creatura di emozioni varie, emozioni che non si lasciano scappare
ma che si scrivono grazie alla carta e alla penna. Queste le mie primissime
impressioni.
Le stagioni del cuore:
Nelle undici poesie della parte
iniziale De Maestri ci porta su un viaggio mano in mano con il tempo, i mesi e
le stagioni (estate, Settembre, autunno, novembre, Natale, Pasqua, e primavera).
Domina la stagione dell’autunno, una stagione che porta con sé silenzio (parola
che ricorre 11 volte) anche perché ricorda la data del trapasso della figura
paterna (il 22 settembre). Ne L’autunno
nell’orto il ricordo del padre inumidisce gli occhi della poetessa in vece
di figlia. La natura è intesa come padre più che come madre (parola che ricorre
insiema alla parola “mamma” 9 volte), e l’immagine della rosa che resiste
malgrado l’autunno è anche il ricordo del padre che resiste malgrado la morte.
Questo ricordo, come le radici di un albero, “affonda” nella profondità della
terra-passato-memoria. Nella memoria-terra c’è l’incanto, la magia, anche
perché nel ricordo vivono ancora quelli che sono passati nell’al di là. Nel
ricordo i “giardini [sono] sempre in fiore” (Radici), ma c’è anche l’azzurro degli occhi del padre “che facevano
sempre estate.” (A papà) Nel ricordo
c’è anche il domani. Il cuore (ricorre 21 volte) è inteso come bussola, l’amore
(ricorre 8 volte) come energia, vita, malgrado l’autunno e la morte. ‘Amor mors
vincit’, ma è anche il ricordo (inteso come luce, una parola che ricorre 6
volte) che vince la morte, intesa come “deserti”, “gelo” e “sepolcri.” (1 ͦnovembre) Sono tutti ricordi vissuti
dalla poetessa come “le mie perle nel cuore.” (Natale tra le montagne)
In questa prima parte ricorre
spesso il dialogo-monologo tra figlia e padre. Nell’elegiaco c’è sempre
l’estate tramite il ricordo, malgrado “l’inesorabile sfiorire del tempo.” (A papà) L’albero di noce è un lascito
del padre alla figlia (Un noce fa
primavera) come lo è il “primo albero.” (Radici) Il lettore di questa raccolta non si scorda mai che anche
se muore l’essere umano come presenza corporea, il ricordo della persona rimane
come se fosse primavera eterna. Tuttavia regna anche questo contrasto: da una
parte la ciclicità del mondo naturale, dall’altra la dura realtà che l’essere
umano quando muore non ritorna, una volta che “tocca la terra... più non
germoglia.” (Stupore di primavera) De
Maestri è perciò la poetessa che nei silenzi della montagna ascolta “le tante
voci/ del ricordo”, liberando tante emozioni. (Fiore nostalgico) La poetessa è una creatura sensibile, alla ricerca di
“sagome” e “impronte”, cioè di quelli che non ci sono più. È Pasqua che chiude la
prima parte è una poesia-preghiera, versi di fede e di amore. Il Cristo
crocefisso funge da speranza per chi non ha voce e ha perso sogni e fiducia.
Paesaggi:
In queste cinque poesie presenti
nella seconda parte si avverte la poetessa pittrice, figlia della Valtellina,
con un filo direttamente legato alla terra. È un paesaggio incantato nel quale
chi scrive si avvicina al cielo e perciò vive l’eterno. È un mondo naturale
colorato e primordiale, senza la presenza dell’uomo. Se esiste una presenza è
quella eterea, uno sguardo sospeso e onnipresente. (Temporale sul fiume)
De Maestri è creatura della
montagna, ma è approdata persino al mare, altro paesaggio che fa parte della
sua natura o carattere estivo, ma anche del suo amore per il viaggiare. Vicino
al mare-onda la poetessa respira “l’immenso”, ricordo dei versi ungarettiani
“M’illumino d’immenso.” I movimenti di elementi macrocosmici (il mare) si
riflettono in movimenti (“sotterranei moti”) e pensieri intimi, interiori,
segreti e che abitano la mente e il cuore. (Notte
maltese)
Ritratti:
Questa è una parte che lega
insieme nove composizioni dedicate a persone di famiglia e conoscenti, una
parte nella quale si estende il ponte tra vivi e quelli che non ci sono più e
nella quale domina un tono positivo. Qui si legge di una De Maestri sorella (A Giovanni), madre (A te), figlia (Alla madre,
Per la mamma, La mamma), e abitante della Valtellina (Il boscaiolo, A Don Giovanni,
Ricordo Anna), perciò di una poetessa
con la famiglia al centro. In 2 ottobre si legge di una “scia” che
ognuno di noi lascia dietro e che si riflette poi nei ricordi di quelli che
abbiamo amato o con i quali abbiamo vissuto. Alla madre è una genealogia delle madri, almeno di tre generazioni,
e narra una storia di fatica nell’assenza di mariti che partono per la guerra.
In Per la mamma la poetessa indirizza
la madre e scrive del “[s]uo giardino”, figurativamente inteso come l’intera
esperienza di madre come conosciuta dalla figlia. In questo giardino-esperienza
c’è “il fiore del sorriso”, il modo come la figlia vuole ricordare la madre per
sempre. Nelle parole della stessa poetessa, “Il giardino è un ambiente vissuto.
Le persone che facevano parte del mio vissuto. E piano piano se ne sono
andate.” (corrispondenza internet) In La
mamma, questa figura materna viene associata a elementi che stanno molto a
cuore alla poetessa: “sole” (ricorre 5 volte), “onda”, e “montagna”.
Tra i personaggi che si legano
allo spazio di Valtellina c’è Il
boscaiolo, versi dedicati a chi ha lasciato la terra natia per poi
ritornarci e pronunciare parole bellissime: “E la terra mia or mi par più
bella,/ non c’è al mondo egual stella.” De Maestri ricorda anche in A Don Giovanni, quello che per tanti
anni fu il parroco di Fusine, nelle sue parole “persona di straordinaria
cultura ed un affermato pittore.” (corrispondenza internet) È un personaggio
“ombra/ che nel paese/ è impronta”, “silenzio/ che ancora parla” e “fiamma che
sempre arde/ nella nostra storia.” Ricordo
Anna è il ritratto “di una piccola donna/ dal grande chignon.” Sono tutti
personaggi caratterizzati da un “sorriso gentile” e che “intona[no] le dolci
note/ della vita”, note che continuano a echeggiare nel cuore della poetessa e
anche del lettore abitante degli stessi spazi di montagna. Solo nei “silenzi”
si sentono le voci di tali persone che non ci sono più.
Ricordi:
La tematica del ricordo, presente
in tutto il libro (parola che ricorre 24 volte, più le parole “scordato” e
“rammento”), è più forte in questa sezione. Il contatto rimane tra vivi e
morti, non più tramite gli occhi (usata 14 volte nella raccolta) e lo sguardo
(ricorre 9 volte) ma attraverso il ricordo che di nuovo dà alla poetessa-figlia
serenità. È il ricordo che riempie il vuoto che lascia dietro la morte (Nel ricordo); è l’amore che alimenta il
ricordo. (L’amore è ricordo) In
quest’ultima poesia gli occhi, come in tante altre, sono importanti come punto
di comunicazione tra figlia e padre, la morte del quale ha portato stasi (“nel
mio giardino/ tutto è immobile/ fermo a quel settembre”) nella vita della
figlia. I ricordi colmano il “silenzio” e riappacificano la poetessa-figlia con
il mondo. (In viaggio) In questa quarta sezione colpisce
la poesia Senza nome che è contro la
dimenticanza che fa ritornare alla guerra (“La fiaccola/ della memoria/ non
corre abbastanza/ veloce nella nostra storia” e perciò “l’uomo [...] si arrende
ad un mortificante/ destino.”), e a favore dell’elemento umano tra gli uomini
di buona volontà (“Alza gli occhi/ raccogli la fiaccola/ continua la staffetta/
e chiamati UOMO.”)
Emozioni:
In quest’ultima parte composta da
7 poesie De Maestri rende quasi tangibili emozioni diverse come la felicità
(intesa come “aquilone”, “stella”, “fiore”), la gioia (come “freccia
scoccata”), il dolore (come “gigante multiforme”), la speranza (come “finestra
aperta”, “fiammifero ancora da accendere” e “libro senza l’ultima pagina”),
anche la poesia (come “donna”, “ballerina” e “vascello”). Ricorda qui il concetto
del correlativo oggettivo spiegato da T. S. Eliot nel suo saggio The sacred wood (1920) come “una serie
di oggetti, una situazione, una catena di eventi” con la funzione di richiamare
una “emozione particolare”. Nella loro maggioranza sono emozioni che si legano
al paesaggio naturale, in particolare quello della montagna. Questo per
ricordarci che l’essere umano felice è soprattutto quello che vive in contatto
alle sue origini, cioè la natura.
Alcuni elementi di stile:
Quelle che leggiamo in Un noce fa primavera sono generalmente
poesie concise, semplici, dirette, ma profonde e bellissime nella loro
compattezza. Sono la catena che lega ancora figlia al padre malgrado la
morte-assenza fisica. Molte delle composizioni sono fatte da pochi versi ma colmi
di significati e di emozioni vari. Questa concisione delle composizioni fa
pensare a lampi di pensieri, di ispirazione, mutati in poesie, perciò resi
eterni. ‘Verba volant, scripta manent.’ Il linguaggio metaforico è chiaro,
bello, e lirico come leggiamo in 1 ͦnovembre (“le fitte maglie del tempo”, il “cammino
della mente”, “ le impronte del cuore”, “la lanterna del ricordo”). Questi sono linguaggi e
immagini che possono apprezzare tutti.
Nella raccolta presente, una
poesia porta alla seguente come se fossero una catena vivente, linfa che scorre
dalle radici, al tronco, ai rami, alle foglie. Profumi e suoni, ricordi e
silenzi, s’intonano con il mondo naturale. Spiccano le elegie, ma anche un
forte senso di speranza. Perciò parole come “ombra”, “eclissi”, e “fari spenti”
vengono contrastate da altre come “occhi”, “luce”, “sorrisi”, e “stelle”. Il
meccanismo della gradazione è forte nella poesia La felicità: una poesia grumo di parole, versi e rime tramite i
quali la poetessa riesce a descrivere quello che è elusivo (“La felicità è un
istante/ che non sai d’aver vissuto.”) Regna soprattutto nei versi di De
Maestri un senso di sereno o serenità. Sono versi che si leggono a voce bassa
ma che echeggiano forte nei cuori dei lettori.
Conclusione:
De Maestri non è solo madre
biologica che ha generato un figlio di carne e ossa frutto del suo grembo, ma è
anche poetessa, perciò madre che genera tanti figli che nascono direttamente
dalla mente e dal cuore. Sono poesie questi figli che “A piene mani/ liber[ano]
emozioni/ e sparg[ono] germogli d’infinito” (una parola che ricorda con forza
Leopardi). Parole come “ricordo” (nel ricordo “la magia d un tempo mai finito”,
in E l’estate), “cuore”, “amore”,
“speranza”, “luce”, e tante altre, ricorrono spesso nella raccolta Un noce fa primavera anche perché
insieme costituiscono la poetica di De Maestri. Come detto prima, questi di
Paola Mara De Maestri sono poesia che rimbombano nei punti più interiori del
lettore, lasciando una loro scia che dura nel tempo. De Maestri è Arianna che
con il suo “gomitolo” - che è anche amore - lega vita e morte, il qua
all’aldilà, il tangibile all’intangibile, ma anche sillaba alla seguente,
parola che si fa verso, verso che si fa strofa per diventare un’intera poesia,
per trovare alla fine l’uscita dal labirinto che porta fuori dal mondo dei
silenzi e delle ombre. (Per me la poesia)
Chiudo con le parole di De Maestri stessa, “Bisogna veramente tornare alla
poesia, educare alle emozioni.” (corrispondenza internet)
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