La collaborazione con Paola Mara De Maestri va indietro nel tempo almeno
all’anno 2008 quando insieme al Circolo Culturale Filatelico Numismatico
Morbegnese e tramite i contatti con Paola Mara noi poeti dell’Associazione dei
Poeti Maltesi abbiamo pubblicato l’antologia poetica I SILENZI DELLA MONTAGNA E
LE VOCI DEL MARE/ SILENCES OF THE MOUNTAIN AND VOICES OF THE SEA. Già da quella volta e grazie a questa collaborazione tra Morbegno e Malta si è notato che malgrado le distanze tra i due luoghi – uno nel mezzo delle
Alpi (nel settentrione) e l’altro nel mezzo del Mediterraneo (nel meridione) –
e malgrado le differenze nelle tipologie geografiche-fisiche, ci sono tanti
elementi che ci accomunano. Sono questi elementi che nascono da istanze umane
per poi raggiungere la dimensione universale. E tale universalità nel nostro caso viene messa in luce tramite l’istanza poetica.
L’amicizia con Paola Mara De Maestri è continuata durante gli
anni. È venuta a Malta nell’estate del 2009 quando è stata
intervistata da me durante una serata di poesia organizzata dall’Associazione
dei Poeti Maltesi della quale io sono Vice-Presidente, e di nuovo la scorsa
estate per presentare al pubblico maltese questa sua nuova silloge CON GLI
OCCHI DEL CUORE.
Rileggendo la mia Introduzione critica a questa raccolta e anche le 30
poesie incluse dentro ho notato tante somiglianze con varie istanze presenti
nella poesia maltese del ventesimo secolo.
Il mio vorrebbe perciò essere un tipo di
esercizio intertestuale nel quale si vedrà quanto ce n’è di comune – dal punto di vista tematico, figurativo e lessicale - tra i
versi della De Maestri figlia, madre, donna e poeta, e quelli di vari poeti
maltesi sia della prima metà sia della seconda metà del ventesimo secolo.
L’IMPORTANZA E LA
BELLEZZA INCANTEVOLE DEL MONDO NATURALE VEGETATIVO
Il mondo naturale-vegetativo è uno spazio reale dentro il quale Paola Mara
De Maestri ha vissuto e vive tuttora in prima persona. In RONCO si menzionano
il “prato”, il “bosco”, gli “alberi”, “le ombrose fronde”, i “funghi”.
Questa esperienza-legame con la natura allo stato puro l’hanno vissuta anche
i poeti maltesi del secolo 20 nel passato, cioè in una Malta agricola della
prima metà del secolo 20.
La valle delle olive (estratti)
di Carmelo Vassallo (1913-1987)
insieme ai miei amici di scuola, nella Valle,
durante le vacanze, dopo un giorno o giorni di pioggia,
andavo a vedere le acque gorgogliare.
E noi ragazzi ad aprire
le palme dei fichi d’India in
piccole navi che veloci come cavalle
lasciavamo andare giù con la corrente
e noi pure navigavamo su di loro col pensiero.
Che bellezza! Che magia! Che vita di dolcezza
era quella nostra quando eravamo giovani!
Come quella valle gorgogliante d’acqua, il nostro cuore
con la bontà del paradiso straripava fino al
bordo.
Eravamo veramente felici, pieni di
forza [...]
Da notare anche che in ambedue le
poesie di De Maestri e di Vassallo si usano vocaboli tipo “caro” e “dolce”, e
“dolcezza”, “cuore” e “felici”, rispettivamente. Tematica, immagini e lessico
lavorano insieme per rendere questo stato di felicità arcadica.
TRAMONTO SULLE CRESTE di De Maestri
rende il senso di stupore della poetessa di fronte a questo spettacolo naturale
quotidiano: “Infuoca la montagna/ Nel tramonto d’inverno...” (p. 48) E lo
stesso senso di stupore che esprime di fronte al tramonto il poeta maltese:
Al tramonto di Joseph Sciberras (n. 1934).
Lentamente
il sole calava.
Con i suoi fuochi
quasi ovunque aveva preso fuoco;
ma il vento
si è alzato all’improvviso
e ha mosso il mare dalle viscere
e l’ha alzato
in su verso i cieli;
e ha sparso gli spruzzi in tutto il
creato,
e i fuochi si sono trattenuti
incendiando nessun luogo.
LE FIGURE DEL PADRE E
DELLA MADRE COME BUSSOLA E SENSO DI DIREZIONE
La prima parte del libro è dedicata al padre che è passato a vita migliore.
Malgrado questo la poetessa-figlia in NEGLI ANNI scrive: “Quante stazioni/ quanti punti senza luce/ quante stelle/ quante salite/
eppure questa lanterna/ è sempre accesa”. Sono
versi-verità che parlano del fatto che anche se nella morte c’è il distacco
fisico da quelli che amiamo, questi ultimi rimangono come punti di riferimento
e anche fari che ci danno la luce. Sono versi che mi rammentano la seguente
elegia dedicata al padre di una poetessa che è morta in completa solitudine e
in condizioni materiali penose:
Raccolgo tanti fiori dal mio cuore di Doreen Micallef Chritien (1949-2001)
Sottotitolata - Per mio padre nel Giorno del Padre
questo uomo che ha scritto nella sabbia
la mia storia inutile
e pagine stracciate a
pezzi
nel giorno
senza alba
questo uomo sempre tacito
che ha montato i venti
notturni
nella notte bianca dal
freddo
sta
attraversando l’universo
questo uomo sempre tacito
in questo primo anno
tacito
mi sta dicendo senza voce
le parole mutate in pietà
che comprendo
solo io
questo uomo sempre tacito
cammina ancora con me
nel mio viaggio inutile
con
la lampada sempre accesa
da
occhi spenti
questo uomo del silenzio
è andato ad attraversare
il silenzio
e i campi deserti e
spinati
in questo primo anno
tacito
sta
raccogliendo tanto fiori dal mio cuore
Per ambedue Paola Mara De Maestri e Doreen Micallef Chritien il padre serve
come luce anche dopo il decesso. Lo stesso si dice nella poesia RITORNO A MIO
PADRE nei versi, “E ritrovo mio padre che mi viene incontro/ sereno/ e nella
mia vita risorge nuovo l’arcobaleno.” In questo caso è il ricordo che ridà vita
alla figura paterna; sono i ricordi che Paola Mara chiama “perle del cuore” o
“Fiaccole sempre accese/ testimoni sempreverdi/ di un amore senza fine” in
RICORDI.
La metafora del padre come luce è presente anche nei versi “Tu l’immagine
del sole/ fisso su di me”, in ALBERO DEL MIO PRIMO GERMOGLIO. Un’immagine
analoga – questa volta della madre come bussola per i propri figli – si adopera
dal poeta maltese:
Desiderio di morte di Victor Fenech (n. 1935)
Figli miei, amate vostra madre
e badate a lei.
Quella è la bussola della vostra vita.
Io ho un sogno nero
sogno
che un giorno partirò
da solo lontano lontano
e là mi esaurirò poco a poco
finquando
in qualche via umida e solitaria
morirò abandonato.
Solo gli uccelli scenderanno a salutarmi
beccando i miei occhi
e poi il naso e le orecchie
finquando
mi copriranno le foglie umide
e puzzerò e finirò nel nulla.
Non piangete, figli miei.
Nel silenzio nel buio spaziale
avrò trovato il mio riposo.
Amate vostra madre, figli miei,
e badate a lei.
IL RICORDO DELL’INFANZIA
E IL RAPPORTO MADRE-FIGLIO
In NEGLI ANNI la De Maestri scrive anche: “In questo giorno di cento
primavere/ la mente ritorna alla casa del primo Natale/
in quel piccolo paese oltre quei monti/ e si
ritrova tra le corse e il vociare dei/ bambini [...]”
E la dimora che si lega all’infanzia, alla famiglia, agli amici d’infanzia,
posta geograficamente in un paesaggio naturale particolare, quello della
montagna.
La dimora familiare ma anche l’infanzia legata alla natura (ma in questo
caso la valle, caratteristica topografica tipica delle isole maltesi) spiccano
anche nella poesia del poeta nazionale maltese Dun Carmelo Psaila nella
seguente poesia:
Solo (estratti) di Dun Carmelo Psaila (Poeta Nazionale – 1871-1961)
il dolce tempo della mia vita spensierata,
quando tutto è puro [libero] da ogni guasto
[...]
Mi sono ricordato di voi, ragazzi coraggiosi
che ho amato per il vostro buon cuore,
ed ero con voi in chiesa, a scuola,
o con l’aquilone sul bordo del tetto.
[...]
Mi sono ricordato di te, o casa felice e bella,
una casa piena di amore e di ricchezza:
la casa di mio padre, mia madre, i miei fratelli,
dimora del lavoro mentale e manuale.
Madre... che dolcezza, che bontà di nome!
Madre, la parola consolatrice in tempi di sconforto
Madre, la parola della pietà in tempi di colpa,
Madre, la parola che controlla il sangue.
Da notare la parola “aquilone”, usata da
Carmelo Psaila, ma anche una parola che ricorre spesso nella raccolta di Paola
Mara come p.e. nella poesie RITORNO A MIO PADRE nei versi “e il mio aquilone
volteggiava leggero al di là/ del ponte”, e L’INCANTO DELLA SERA nei versi
“questo ritorno alla primavera,/ a quando gli aquiloni/ segnavano l’azzurro
[...]”, e ancora “Ritornano [...] le giornate senza tempo/ ad inseguire
aquiloni al vento” (GLI OCCHI DEL CUORE), e “La felicità è un aquilone sospeso
tra le dita/ un bambino” (IL SEGRETO DELLA FELICITÀ).
Del rapporto madre-figlio appena nato si legge in IL SORRISO DI UN FIGLIO.
Questo amore materno si esprime nel caso di De Maestri non solo tramite azioni
e gesti, ma soprattutto tramite la parola, la poesia. È anche questo che rende
questo rapporto-amore eterno – l’idea del verba
volant, scripta manent. In un certo senso questa poesia di De Maestri mi
ricorda i versi della poetessa maltese Maria Grech Ganado che come madre e
poeta, ora che il proprio figlio è cresciuto e ha lasciato la casa materna
piange quel tempo quando lo teneva ancora in braccio:
Cerchio familiare (estratti)
di Maria Grech Ganado (n. 1943)
Un ragazzo felice che corre in bici.
Oggi oggi niente che oggi per lui.
E sua madre che piange il ieri quando ha abbracciato
il mondo nelle sue braccia [...]
La poesia MAMMA della De Maestri è bellissima nella sua
semplicità. Tre parole chiave che si legano al rapporto
madre-bambino sono “dolcezza”, “sguardo”, “luce” e “mani”, tutti elementi
importanti che trasmettono un senso di amore e di sicurezza alla creatura
vulnerabile. Basta leggere questi versi: “Mamma,/ la dolcezza di questo nome/
profuma di rosa.// Nel tuo sguardo/ raccolgo petali di luce/ e gocce di
rugiada.// Nei giorni di non colore/ dalle tue mani sbocciano/ scintille
d’amore.” Versi come questi mi rammentano il sonetto scritto dal poeta
nazionale maltese, nel quale vengono adoperati gli stessi vocaboli:
Un altro universo di Dun Carmelo Psaila
Non conosce altro cielo tranne il viso di sua madre
sempre puro senza alcun segno di tristezza,
nessun altro sole tranne il sorriso della sua bocca
che prende di ogni luce colore e forma.
Stelle due sole, e là tiene il suo sguardo
quando l’appoggia tra le sue braccia la madre gelosa;
e mentre prende tra le mani il collo e la
manica,
succhia dalla dolce mammella il più prelibato dei cibi.
Dell’avidità umana non ha alcuna conoscenza,
neanche sa come le lacrime da loro vengano comprate
conosce solo sua madre, là l’universo si concentra.
E da quell’universo di bontà e luce
che dolce luccica sul volto di una donna
Dio s’affaccia e sorride alla piccola creatura.
CONCLUSIONE:
In un’intervista che avevo fatto a Paola Mara De Maestri nel 2010, lei
aveva sostenuto che “innanzitutto la poesia è
comunicazione e in quanto tale deve riuscire a far breccia nel lettore,
suscitando sensazioni, emozioni, riflessioni ed evocando ricordi.” Questo
riesce a farlo in CON GLI OCCHI DEL CUORE scrivendo del suo rapporto con il
padre, del suo nuovo ruolo come madre, del figlio appena nato, del suo essere
poeta, ma anche del paesaggio – quello naturale, cioè la montagna - nel quale è
cresciuta, ha vissuto e vive ancora. Tutto
questo reso tramite
una poesia bella, semplice, musicale, multicolore, pura e lontana da ogni
corruzione o inquinamento.
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