Thursday, December 04, 2014

CON GLI OCCHI DEL CUORE – Istanze comuni tra la poesia di Paola Mara De Maestri e la poesia maltese del secolo 20: tematica, metafora e lessico - PATRICK SAMMUT Regoledo, Cosio Valtellino, 15 novembre 2014.

La collaborazione con Paola Mara De Maestri va indietro nel tempo almeno all’anno 2008 quando insieme al Circolo Culturale Filatelico Numismatico Morbegnese e tramite i contatti con Paola Mara noi poeti dell’Associazione dei Poeti Maltesi abbiamo pubblicato l’antologia poetica I SILENZI DELLA MONTAGNA E LE VOCI DEL MARE/ SILENCES OF THE MOUNTAIN AND VOICES OF THE SEA. Già da quella volta e grazie a questa collaborazione tra Morbegno e Malta si è notato che malgrado le distanze tra i due luoghi – uno nel mezzo delle Alpi (nel settentrione) e l’altro nel mezzo del Mediterraneo (nel meridione) – e malgrado le differenze nelle tipologie geografiche-fisiche, ci sono tanti elementi che ci accomunano. Sono questi elementi che nascono da istanze umane per poi raggiungere la dimensione universale. E tale universalità nel nostro caso viene messa in luce tramite l’istanza poetica.

L’amicizia con Paola Mara De Maestri è continuata durante gli anni. È venuta a Malta nell’estate del 2009 quando è stata intervistata da me durante una serata di poesia organizzata dall’Associazione dei Poeti Maltesi della quale io sono Vice-Presidente, e di nuovo la scorsa estate per presentare al pubblico maltese questa sua nuova silloge CON GLI OCCHI DEL CUORE.
Rileggendo la mia Introduzione critica a questa raccolta e anche le 30 poesie incluse dentro ho notato tante somiglianze con varie istanze presenti nella poesia maltese del ventesimo secolo.  Il mio vorrebbe perciò essere un tipo di esercizio intertestuale nel quale si vedrà quanto ce n’è di comune – dal punto di vista tematico, figurativo e lessicale - tra i versi della De Maestri figlia, madre, donna e poeta, e quelli di vari poeti maltesi sia della prima metà sia della seconda metà del ventesimo secolo.

L’IMPORTANZA E LA BELLEZZA INCANTEVOLE DEL MONDO NATURALE VEGETATIVO

Il mondo naturale-vegetativo è uno spazio reale dentro il quale Paola Mara De Maestri ha vissuto e vive tuttora in prima persona. In RONCO si menzionano il “prato”, il “bosco”, gli “alberi”, “le ombrose fronde”, i “funghi”.

Questa esperienza-legame con la natura allo stato puro l’hanno vissuta anche i poeti maltesi del secolo 20 nel passato, cioè in una Malta agricola della prima metà del secolo 20.

La valle delle olive (estratti) di Carmelo Vassallo (1913-1987)

Ero ancora un ragazzino privo di malizia quando,

insieme ai miei amici di scuola, nella Valle,
durante le vacanze, dopo un giorno o giorni di pioggia,
andavo a vedere le acque gorgogliare.

E noi ragazzi ad aprire
le palme dei fichi d’India in
piccole navi che veloci come cavalle
lasciavamo andare giù con la corrente
e noi pure navigavamo su di loro col pensiero.

Che bellezza! Che magia! Che vita di dolcezza
era quella nostra quando eravamo giovani!
Come quella valle gorgogliante d’acqua, il nostro cuore
con la bontà del paradiso straripava fino al bordo.
Eravamo veramente felici, pieni di forza [...]

Da notare anche che in ambedue le poesie di De Maestri e di Vassallo si usano vocaboli tipo “caro” e “dolce”, e “dolcezza”, “cuore” e “felici”, rispettivamente. Tematica, immagini e lessico lavorano insieme per rendere questo stato di felicità arcadica.

TRAMONTO SULLE CRESTE di De Maestri rende il senso di stupore della poetessa di fronte a questo spettacolo naturale quotidiano: “Infuoca la montagna/ Nel tramonto d’inverno...” (p. 48) E lo stesso senso di stupore che esprime di fronte al tramonto il poeta maltese:

Al tramonto di Joseph Sciberras (n. 1934).

Lentamente
il sole calava.
Con i suoi fuochi
quasi ovunque aveva preso fuoco;
ma il vento
si è alzato all’improvviso
e ha mosso il mare dalle viscere
e l’ha alzato
in su verso i cieli;
e ha sparso gli spruzzi in tutto il creato,
e i fuochi si sono trattenuti
incendiando nessun luogo.

LE FIGURE DEL PADRE E DELLA MADRE COME BUSSOLA E SENSO DI DIREZIONE

La prima parte del libro è dedicata al padre che è passato a vita migliore. Malgrado questo la poetessa-figlia in NEGLI ANNI scrive: “Quante stazioni/ quanti punti senza luce/ quante stelle/ quante salite/ eppure questa lanterna/ è sempre accesa”. Sono versi-verità che parlano del fatto che anche se nella morte c’è il distacco fisico da quelli che amiamo, questi ultimi rimangono come punti di riferimento e anche fari che ci danno la luce. Sono versi che mi rammentano la seguente elegia dedicata al padre di una poetessa che è morta in completa solitudine e in condizioni materiali penose:

Raccolgo tanti fiori dal mio cuore di Doreen Micallef Chritien (1949-2001)
Sottotitolata - Per mio padre nel Giorno del Padre

questo uomo che ha scritto nella sabbia

            la mia storia inutile
            e pagine stracciate a pezzi
                        nel giorno senza alba

questo uomo sempre tacito
            che ha montato i venti notturni
            nella notte bianca dal freddo
                        sta attraversando l’universo

questo uomo sempre tacito
            in questo primo anno tacito
            mi sta dicendo senza voce
            le parole mutate in pietà
                        che comprendo solo io

questo uomo sempre tacito
            cammina ancora con me
            nel mio viaggio inutile
            con la lampada sempre accesa
                        da occhi spenti

questo uomo del silenzio
            è andato ad attraversare il silenzio
            e i campi deserti e spinati
            in questo primo anno tacito
                        sta raccogliendo tanto fiori dal mio cuore

Per ambedue Paola Mara De Maestri e Doreen Micallef Chritien il padre serve come luce anche dopo il decesso. Lo stesso si dice nella poesia RITORNO A MIO PADRE nei versi, “E ritrovo mio padre che mi viene incontro/ sereno/ e nella mia vita risorge nuovo l’arcobaleno.” In questo caso è il ricordo che ridà vita alla figura paterna; sono i ricordi che Paola Mara chiama “perle del cuore” o “Fiaccole sempre accese/ testimoni sempreverdi/ di un amore senza fine” in RICORDI.

La metafora del padre come luce è presente anche nei versi “Tu l’immagine del sole/ fisso su di me”, in ALBERO DEL MIO PRIMO GERMOGLIO. Un’immagine analoga – questa volta della madre come bussola per i propri figli – si adopera dal poeta maltese:

Desiderio di morte di Victor Fenech (n. 1935)

Figli miei, amate vostra madre
e badate a lei.

Quella è la bussola della vostra vita.

Io ho un sogno nero
sogno
che un giorno partirò
da solo lontano lontano
e là mi esaurirò poco a poco
finquando
in qualche via umida e solitaria
morirò abandonato.

Solo gli uccelli scenderanno a salutarmi
beccando i miei occhi
e poi il naso e le orecchie
finquando
mi copriranno le foglie umide
e puzzerò e finirò nel nulla.

Non piangete, figli miei.
Nel silenzio nel buio spaziale
avrò trovato il mio riposo.
Amate vostra madre, figli miei,
e badate a lei.

IL RICORDO DELL’INFANZIA E IL RAPPORTO MADRE-FIGLIO

In NEGLI ANNI la De Maestri scrive anche: “In questo giorno di cento primavere/ la mente ritorna alla casa del primo Natale/ in quel piccolo paese oltre quei monti/ e si ritrova tra le corse e il vociare dei/ bambini [...]” E la dimora che si lega all’infanzia, alla famiglia, agli amici d’infanzia, posta geograficamente in un paesaggio naturale particolare, quello della montagna.

La dimora familiare ma anche l’infanzia legata alla natura (ma in questo caso la valle, caratteristica topografica tipica delle isole maltesi) spiccano anche nella poesia del poeta nazionale maltese Dun Carmelo Psaila nella seguente poesia:

Solo (estratti) di Dun Carmelo Psaila (Poeta Nazionale – 1871-1961)

Il mio pensiero corre verso la felicità della mia infanzia
il dolce tempo della mia vita spensierata,
quando tutto è puro [libero] da ogni guasto
[...]
Mi sono ricordato di voi, ragazzi coraggiosi
che ho amato per il vostro buon cuore,
ed ero con voi in chiesa, a scuola,
o con l’aquilone sul bordo del tetto.
[...]
Mi sono ricordato di te, o casa felice e bella,
una casa piena di amore e di ricchezza:
la casa di mio padre, mia madre, i miei fratelli,
dimora del lavoro mentale e manuale.

Madre... che dolcezza, che bontà di nome!
Madre, la parola consolatrice in tempi di sconforto
Madre, la parola della pietà in tempi di colpa,
Madre, la parola che controlla il sangue.

Da notare la parola “aquilone”, usata da Carmelo Psaila, ma anche una parola che ricorre spesso nella raccolta di Paola Mara come p.e. nella poesie RITORNO A MIO PADRE nei versi “e il mio aquilone volteggiava leggero al di là/ del ponte”, e L’INCANTO DELLA SERA nei versi “questo ritorno alla primavera,/ a quando gli aquiloni/ segnavano l’azzurro [...]”, e ancora “Ritornano [...] le giornate senza tempo/ ad inseguire aquiloni al vento” (GLI OCCHI DEL CUORE), e “La felicità è un aquilone sospeso tra le dita/ un bambino” (IL SEGRETO DELLA FELICITÀ).

Del rapporto madre-figlio appena nato si legge in IL SORRISO DI UN FIGLIO. Questo amore materno si esprime nel caso di De Maestri non solo tramite azioni e gesti, ma soprattutto tramite la parola, la poesia. È anche questo che rende questo rapporto-amore eterno – l’idea del verba volant, scripta manent. In un certo senso questa poesia di De Maestri mi ricorda i versi della poetessa maltese Maria Grech Ganado che come madre e poeta, ora che il proprio figlio è cresciuto e ha lasciato la casa materna piange quel tempo quando lo teneva ancora in braccio:

Cerchio familiare (estratti) di Maria Grech Ganado (n. 1943)


Un ragazzo felice che corre in bici.
Oggi oggi niente che oggi per lui.

E sua madre che piange il ieri quando ha abbracciato
il mondo nelle sue braccia [...]

La poesia MAMMA della De Maestri è bellissima nella sua semplicità. Tre parole chiave che si legano al rapporto madre-bambino sono “dolcezza”, “sguardo”, “luce” e “mani”, tutti elementi importanti che trasmettono un senso di amore e di sicurezza alla creatura vulnerabile. Basta leggere questi versi: “Mamma,/ la dolcezza di questo nome/ profuma di rosa.// Nel tuo sguardo/ raccolgo petali di luce/ e gocce di rugiada.// Nei giorni di non colore/ dalle tue mani sbocciano/ scintille d’amore.” Versi come questi mi rammentano il sonetto scritto dal poeta nazionale maltese, nel quale vengono adoperati gli stessi vocaboli:

Un altro universo di Dun Carmelo Psaila

Non conosce altro cielo tranne il viso di sua madre
sempre puro senza alcun segno di tristezza,
nessun altro sole tranne il sorriso della sua bocca
che prende di ogni luce colore e forma.

Stelle due sole, e là tiene il suo sguardo
quando l’appoggia tra le sue braccia la madre gelosa;
e mentre prende tra le mani il collo e la manica,
succhia dalla dolce mammella il più prelibato dei cibi.

Dell’avidità umana non ha alcuna conoscenza,
neanche sa come le lacrime da loro vengano comprate
conosce solo sua madre, là l’universo si concentra.

E da quell’universo di bontà e luce
che dolce luccica sul volto di una donna
Dio s’affaccia e sorride alla piccola creatura.

CONCLUSIONE:

In un’intervista che avevo fatto a Paola Mara De Maestri nel 2010, lei aveva sostenuto che “innanzitutto la poesia è comunicazione e in quanto tale deve riuscire a far breccia nel lettore, suscitando sensazioni, emozioni, riflessioni ed evocando ricordi.” Questo riesce a farlo in CON GLI OCCHI DEL CUORE scrivendo del suo rapporto con il padre, del suo nuovo ruolo come madre, del figlio appena nato, del suo essere poeta, ma anche del paesaggio – quello naturale, cioè la montagna - nel quale è cresciuta, ha vissuto e vive ancora.  Tutto questo reso tramite una poesia bella, semplice, musicale, multicolore, pura e lontana da ogni corruzione o inquinamento.

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