Fiorita di stelle è una silloge di 40 poesie, divisa in otto parti. Ha una prefazione scritta dal docente, scrittore e traduttore libanese naturalizzato italiano Hafez Haidar. La dedica è da parte di una donna madre a suo figlio Gioele.
La prima parte è intitolata “Inno alla vita” e inclusi sono versi di luce e speranza contrapposte a momenti di buio e morte. “Canto d’amore” è il nome della seconda parte. Qui l’amore materno viene paragonato a un albero che cresce e che viene associato a concetti positivi come “azzurro, “pazienza”, “dono”, “aurora”, “poesia” (L’amore mio, 23), ma anche “pioggia di stelle”, “perseveranza”, e “sereno” (Il volto dell’amore, 24). L’amore ha persino dello spazio in cui la poetessa è cresciuta e vive ancora: “L’amore è poesia/ l’incanto della montagna/ in un tramonto di fuoco.” (23), e “respira nel sorriso di un bambino.” (24)
La poesia riesce a carpire il
momento come in Senza parole, dove la poetessa rende eterno un suo
desiderio:
Come vorrei
poter
fermare il
tempo
in
quest’istante
mentre mi
perdo
nella
profondità
del tuo
sguardo. (26)
Poesia e
amore diventano una sola cosa. Amore e il paesaggio naturale si legano forte
insieme: il tema viene reso tramite immagini prese dal paesaggio naturale noto
alla poetessa: la montagna, il tramonto, il mare, il sole. Il mondo interiore
dei sentimenti viene raffigurato tramite il mondo esteriore del macro e del
microcosmo.
La terza
parte porta il nome di “All’ombra del ricordo”. Alcuni sono versi ispirati alla
figura paterna, “Uomo a righe/ senza cappotto/ in fila al gelo” (Oggi come
ieri, 31), ma anche a quelli che non ci sono più. Nello stesso tempo è
presente il sapere che tutti siamo come “foglia d’autunno/ -aggrappat[i] alla pianta/ fino
all’ultimo respiro.” (Primi di novembre, 33) Tramite il ricordo, ma
anche attraverso la poesia, si ridà vita e luce ai trapassati (Il filo,
34). La poesia è il mezzo tramite il quale si cerca di contrapporsi al peso del
silenzio e dell’assenza di quelli che non ci sono più.
Anche nella
sezione “Donne” le parole “luce” e “montagna” ripercorrono. Due elementi
contrastanti che caratterizzano la donna sono la fraġilità e la forza. Queste
della De Maestri sono composizioni brevi, concise, ma che richiedono lo stesso più di una lettura anche
per capire meglio cosa sta alla base della creatura ‘donna’ e della quale De
Maestri ci fornisce più di una descrizione:
“Donna sul
tuo volto è impresso
il ricamo del primo giardino” (Per te donna,
40);
“Noi donne
figlie del silenzio
-sorgente
del primo germoglio” (La voce del silenzio, 41);
“Donna e
nel tuo grembo
il fiore
della Primavera” (A te donna Primavera, 43).
La quinta
parte porta il titolo “La prima roccia”. Qui il ricordo del giardino di Eden o
del mondo primitivo quando l’uomo era ancora in armonia con la Terra (Per la
madre Terra), quando gli uomini-contadini faticavano con “schiena a
mezzaluna/ arse dalla fatica” ma primeggiava ancora “nell’aria profumo/ di
famiglia.” (Il Torchio di Cerido, 48)
Qui la
poetessa traduce in parole scritte le caratteristiche del territorio che abita:
“Montagne dalle punte di neve”, “letti erbosi”, “foreste di verde luce”, “Pozze
cristalline”, “tavole di sasso/ -sculture di sole e di vento” (Montagne di
Valmasino, 49), e ancora, cime montagnose come “aguzzi dentelli/ e i rotoni
declivi”, “ruscelli e pendii erbosi.” (Profili di montagna, 52). La
poetessa che cammina letteralmente sul territorio naturale nativo, “sospesa tra
cielo e terra” (Un ponte nel cielo, 53), rallenta il passo e nel
silenzio del tramonto “Sull’orlo del bosco” guarda lontano “e il pensiero si fa
piuma.” (Estate al Parco della Bosca, 50) Essere umano e paesaggio
naturale diventano un’unica cosa. L’io si fonde con il creato tramite lo
sguardo:
“Allo
sfuocare del giorno
-nel grembo
dell’estate-
libero
emozioni, volano pensieri
sul ponte
alle porte del finito.” (53)
Da non
dimenticare però che questo che descrive De Maestri è anche un territorio che
sa essere duro e se non rispettato può portare a delle conseguenze tragiche,
come l’alluvione della Valtellina del 1987 ricordato in Fusine, 18 luglio
1987, “quando nel fiume/ rotolava la montagna/ a rovescio sul paese.” (51)
Nella
sezione “Ritratti” si legge del ritratto di un padre scomparso che lavorava nel
giardino ma anche in montagna. Dominano il silenzio e la solitudine ma la
fiamma del ricordo paterno continua ad ardere. Viene ritratta anche De Maestri
nei ruoli di madre e figlia:
“È il
sentirsi bocciolo sempre in fiore
l’essere
madre
nonostante
il sopraggiungere dell’inverno.” (L’essere madre, 60)
Sono
presenti versi di gratitudine e amore verso dei genitori che hanno vissuto una
vita di sacrificio e amore tra famiglia, lavoro e natura:
“Ritorno a
mio padre
...
sospeso tra
i passi
sommessi
nella sua vigna...
e raccolgo l’orizzonte
di mia madre
che nel
silenzio dell’orto
infrange i
suoi fragili rami.” (Il lavoro, 62)
Nella
sezione “Il tempo” la poetessa riflette anche tramite le stagioni. Per lei,
creatura che apprezza tutti i momenti della vita, “ogni giorno racchiude il
proprio dono” e “oggi il tempo è di vivere.” (È tempo, 65) Ancora qui
l’idea del carpe diem, di non lasciare sfuggire niente e nessuna
esperienza. Per questo il titolo Fermati di un’altra poesia, nella quale
De Maestri ci invita a trovare il tempo per guardare “le punte delle montagne/
-nel fuoco che accompagna alla sera-”, ma anche “il cielo/ oltre i fasci di
luce e gli azzurri stellati/ e il mare...”, per così assaporare “il fremito che
ti lega all’Universo.” (66) In una vita nella quale all’uomo non gli “avanzano
minuti”, sono questi i bei momenti che restano e riverberano nella nostra
memoria.
Ribadisco
che quelli che leggiamo in Fiorita di stelle sono versi di speranza e di
luce, contro la solitudine e il buio. Sono poesie che ci invogliano di amare la
vita con tutto il bello che porta con sè:
“Ma ho
imparato dai miei anni
che se
anche ti trovi sul picco
di una
montagna altissima
con il
vento a tutta forza
la gola
chiusa e il respiro lento
basta il
soffio di una scintilla
che
sembrava persa in fondo al cuore
e riprende
come d’incanto
il mare
stellato sul tuo domani.” (Lettera
ai miei anni, 67)
Tutto si
vive tra due poli dell’esperienza umana: la montagna da una parte e il mare
dall’altra.
Infine, “Pensieri”
è il titolo dell’ultima parte di questa silloge. Per noi sono versi che
ricordano i tempi assurdi e difficili della pandemia che ha seminato paura e ha
separato fisicamente persone che si vogliono bene. La poetessa enfasizza il
bisogno di “fidarsi” e “stringersi” di nuovo, un bisogno tuttora attuale oggi
quando l’Europa sta attraversando altri tempi difficili nei quali gli uomini
ancora una volta non si fidano e sono in guerra.
Leggiamo in
questa sezione pensieri che abitano la mente della poetessa mentre sta negli
ambienti naturali a lei tanto cari: montagna (“il soffitto del cielo/ albero
fiore/ del mio pensiero.”, La mia casa, 72), e mare (“scioglie i nodi”, Nel
mare, 73). Perciò, natura e mente diventano due spazi in sintonia in Solo
pensieri:
“Pensieri
come frange del vento
che fischiano
tra le dita degli alberi,
rotolano, scapicollano,
rovesciano,
scoperchiano
e poi rimbalzano
sulle
pareti della mente
e
scardinano il baricentro.”
Si sente
che questi sono versi che esprimono la potenza della Natura, ma anche quella
psichica dell’essere umano.
Già dalla
copertina tutta colorata si capisce che Fiorita di stelle è una silloge
di luce, speranza, e tutto quello positivo possibile, anche se la poetessa ha
avuto anche i suoi momenti difficili nella vita. Colpisce il forte legame tra
poetessa e ambiente naturale, poetessa e genitori, e anche poetessa e figlio,
un legame ben espresso tramite questi versi bellissimi, leggeri ma anche profondi.
Patrick
Sammut (maggio 2022)